mercoledì 29 aprile 2015

BELLE EPOQUE E FEMME FATALE

Forse molti non lo sanno, ma la prima crisi economica del capitalismo non fu affatto quella del 1929, ma la cosiddetta GRANDE DEPRESSIONE che interessò gli anni dal 1873 al 1895, insomma sul finire del secolo ottocento.
Questa prima grande crisi economica di vaste proporzioni stava a dimostrare che nel sistema industriale da poco inventato c'erano delle lacune importanti, delle contraddizioni in termini che erano destinate a ripetersi nella storia.
Insomma quell'era dell'industrializzazione che prometteva all'uomo con estremo ottimismo e, con numerose esposizioni universali, una nuova era di benessere, mostrava la corda già al suo nascere. E' come se intendessero vendervi un nuovo gioiello tecnologico cercando di nascondervi la verità di fatto che questo presenta già dei difetti intrinsechi, destinati a rivelarne nel tempo la sua funzionalità fallace.
Insomma un magnifico ingranaggio propagandato come svolta ufficiale per l'intera umanità, ma in realtà destinato a gripparsi, più o meno seriamente, nel corso del suo precario funzionamento.
Eppure sull'onda di tale ottimismo sono nate importanti correnti artistiche e culturali come l'art nouveau e il futurismo. L'illusione del progresso ha portato con se anche l'illusione dello spirito.
Qualcuno forse se ne era accorto ed è perciò che nacque anche il cabaret ed il surrealismo. Ma il delirio ottimistico del progresso coinvolse anche ed inevitabilmente l'immagine femminile, la quale si esaltò irrimediabilmente nella follia fino ad incarnare numerose figure femminili dall'aspetto più o meno delirante : delirio che molto spesso assonava con una certa negatività.
Nasceva insomma la FEMME FATALE protagonista di tante opere d'arte e di tanti romanzi. 
Ma se pensate che tali figure femminili esistevano soltanto nei quadri o nelle pagine degli scrittori dell'epoca vi sbagliate. Infatti, sono esistite donne della BELLE EPOQUE che hanno voluto incarnare dal vivo questi archetipi trasformandosi loro stesse in opere d'arte viventi.
Una di queste donne fu la Marchesa Luisa Casati, della quale non mi dilungherò più del dovuto, in quanto esistono molte informazioni reperibili su internet. La divina marchesa, così come veniva chiamata la Casati, rappresentò l'anima di quell'epoca che va dalla belle epoque in poi, abbracciando mezzo novecento.
Quindi se vogliamo ella rappresentò anche il futurismo di Marinetti e le nuove avanguardie. ( ad esempio conobbe Man Ray, esponente del dadaismo ).
Che ella volesse con tutta se stessa incarnare un tipo di donna divina dall'accezione non proprio positiva lo si può constatare dal suo modo di agghindarsi. Ogni volta amava assumere su di sè un archetipo di FEMME FATALE diverso, dalla Salomè danzatrice erotica mediorientale, alla gorgone della mitologia greca nota col nome di MEDUSA.







Esotica, bruna e beffarda, oscura come Madame Bovary, vampira e depressa se non anoressica come le donne dei dipinti di Munch. Oppure ancora, poteva assomigliare ad un'altra icona femminile della Belle Epoque : L'altra femme fatale per antonomazia ! la Danzatrice orientale per eccellenza come lo era  Mata Hari che oltre ad essere bruna e scura di carnagione, nonostante la sua nascita da genitori olandesi, incarnava appunto la danzatrice erotica e fatale presente nella figura evangelica di Salomè, la quale danza accanto al vassoio d'argento con la testa decapitata di San Giovanni Battista, danza per allietare un' aristocrazia assassina del povero apostolo martire. Così anche Mata Hari danzava incurante della grande guerra che avrebbe sancito per sempre la fine della Belle èpoque insieme alla morte di numerosi soldati mandati al macello. Ed erano inviati a quel macello difendendo la nazione in nome dell'agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo.
Ma tornando alla FEMME FATALE, in fondo donne come Mata Hari non incarnavano altro che il mito della donna vampira, la quale succhia il sangue ( denaro e notorietà ) di facoltosi uomini d'affari. E ancora oggi di molte figure femminili che hanno raggiunto la notorietà grazie al loro fascino si potrebbe dire che rappresentano più delle prostitute degli ambienti nobili che donne libere. Insomma sono donne che si sono prostituite al sistema della notorietà ieri come oggi. Un divismo femminile che è imitato anche dalle donne delle classi subalterne. ( Un imitazione che in certi casi rasenta il ridicolo come quelle giovani ragazze che si servono di internet per cercare inutilmente di divenire delle note prostitute, ma che a causa dei loro evidenti deficit estetici non ci riescono )
Come se due guerre mondiali non fossero servite a cancellare una certa divinazione della figura femminile. 
Una divinazione ogni volta inventata dal maschilismo e ogni volta appoggiata e condivisa dall'universo femminile che se ne lascia coinvolgere.
E ogni volta che una donna, più o meno consapevolmente, abbraccia la figura errante di una di queste Dee del male finisce per ricalcarne la biografia maledetta e ingrata.
Ricordando la divina Casati ad esempio non si può non riflettere sul fatto, se non sembra assurda una donna che amava passeggiare con i ghepardi e partecipare alle sedute spiritiche,una donna del genere dovrebbe apparire quanto meno stravagante e superstiziosa. Quando la marchesa Luisa Casati aveva l'età di 76 anni non morì come tutte le altre donne comuni, volle lasciare questo mondo in modo altrettanto originale così come era vissuta. Lo lasciò infatti a causa di un ictus dopo aver partecipato ad una seduta spiritica.
E dire che il suo rapporto con la morte era volutamente costante. Non a caso amava circondarsi di animali esotici quanto potenzialmente fatali per la vita umana. Alle collane di perle preferiva far circondare il suo collo da serpenti Boa o vipere assolutamente vive.



Insomma è chiaro che la donna fatale vuole stupire sfidando la morte, o richiamando la sua austera e funerea presenza sulla sua persona. Lo fa quasi in tono di minaccia verso quegli uomini che ne hanno paura. Immancabilmente lei si innamora di uomini che non hanno paura della morte. Ma sono anche gli stessi uomini che proprio perché impavidi, molto spesso cadono vittime di questo tipo di donna.  
Infatti le femme fatali sono pur sempre donne vampiro e amano divorare gli uomini servendosi delle astuzie femminili più argute.
Un' arma a loro favore è quel pensiero fisso, quella vera ossessione che riescono a incutere con il loro fascino nella mente maschile, la quale diventa letteralmente schiava di tale fascino. Tale schiavitù rende tali uomini disposti a tutto pur di non perdere l'amore di queste donne.
Insomma, se Klimt nel 1907 raffigurava le donne come bisce d'acqua, evidentemente era per ricordarne la loro natura sotterranea e subdola.


E bisogna dire che questa misoginia riguardo alle donne dell'epoca era una misoginia dettata da quelle FEMME FATALI che gli artsisti erano soliti frequentare. 
Insomma, la follia del progresso aveva per sempre intossicato le donne rendendole delle figure molto diverse da quelle che abitavano il mondo rurale delle campagne agrarie.
Le donne borghesi erano donne vipera in cerca di uomini preda ! E quando la loro posizione non era di riguardo a causa del buon censo, divenivano prostitute da marciapiede o da locale a luci rosse. Le potevi ritrovare nelle case chiuse come nel Mouiline Rouge ad allietare la borghesia maschile con  danze erotiche e "scandalose" come il CANCAN.


Intanto quella vita borghese e mondana grazie alla realizzazione di grandi transatlantici iniziava a solcare i mari e a navigare tra le onde dell'oceano, sfidando pericolosamente i ghiacci antartici.


l'art nouveau si era industrializzata e facendo torto ad artisti e ad artigiani iniziò ad essere prodotta in serie svalutando molto lo stato dell'arte che aveva fino ad allora rappresentato.
Lo stesso esotismo figlio dell'arte ottocentesca, nel novecento venne usato come specchio per le allodole, per abbellire i palazzi urbani e attirare alle fabbriche una folta schiera di contadini i quali in massa caddero nella trappola delle inquinanti metropoli.
Qui assistevano soltanto come lontani spettatori alle delizie offerte dalle città, e soltanto più tardi il primo consumismo li coinvolgerà parzialmente imborghesendoli. Ma i primi lavoratori delle fabbriche erano un popolo di sottopagati che viveva una vita angusta fatta solo di lavoro e di stenti.
Grazie ai morti del lavoro e delle miniere, la borghesia benestante intanto si godeva tutte le delizie della Belle èpoque insieme a tutte le sue inutili esaltazioni feticiste, erotiche e mistiche.

Ma se credete che siamo molto cambiati da quell'epoca...



...dovete ricredervi. Feticismi e misticismi inutili ce li portiamo ancora appresso !



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